Festa popolare
Da quest’anno CARACCA e ARIMBOMBA! hanno uno spazio dove poter affinare il loro repertorio: il centro di formazione PIER PAOLO PASOLINI, in via Baffigo 147, a Ostia. Fuori dalla didattica dei miei corsi, in questo centro i percussionisti avranno la possibilità di provare gratuitamente e di maturare nuove responsabilità, come la cura del gruppo e del repertorio musicale fuori dalla mia diretta supervisione. Già istituiti in associazione di volontariato, i membri di CARACCA e ARIMBOMBA! si incontreranno periodicamente per suonare il repertorio studiato a lezione, fare pranzi e riunioni sociali, confrontarsi tra loro e con altre associazioni che collaborano con questa bella struttura. Il centro PASOLINI è un edificio scolastico che affaccia sullo skate park di ostia e su un campo da calcio in disuso, nella cornice dei palazzi popolari di Ostia Nuova. Sembra di vedere una scuola di samba carioca! Ci sono tutti i presupposti per avviare un progetto meraviglioso, forse il più ambizioso che abbia io mai tentato: creare una festa popolare.
FESTA POPOLARE
Premesse
L’idea di base è quella di ricreare il contesto tipico delle manifestazioni popolari, allo scopo di combattere la tendenza contemporanea all’individualismo e di ravvivare le dinamiche dell’aggregazione sociale.
Le manifestazioni artistiche popolari oggi costituiscono un repertorio staccato dalla realtà della nostra metropoli: musiche e danze “tipiche” sono oggetto di spettacoli e ricerche in cui il pubblico è separato dall’artista non solo per via del palco che li divide, ma anche a causa di una grande distanza antropologica. E’ inutile negarlo, oramai abbiamo perso quella continuità di stile che ancora negli anni ’70 manteneva un buon contatto tra l’artista e la sua comunità. Non ci sono più stornelli o danze di corteggiamento, non c’è più un’occasione dove periodicamente le persone possono andare a ritrovarsi, sperimentare nuove possibilità espressive, mettersi in gioco con un prodotto in continua evoluzione come il genere popolare. Oggi i cittadini possono scegliere di studiare musiche e danze provenienti da tutto il mondo, al prezzo di chiudersi in una scuola e vedersi così separati dall’interazione partecipata con gli amici e i parenti che, se vogliono osservarli, devono sedersi sugli spalti di un teatro o di una sala la cui stessa struttura non permette un vero scambio tra le parti: gli artisti eseguono e il pubblico applaude. E in questi spettacoli spesso si è costretti ad aprire parentesi antropologiche, ricordando la storia del brano o della danza tipica, rievocando il contesto sociale e i fattori che un tempo sostenevano queste attività.
Oggi cosa può favorire quell’interazione e partecipazione che una volta chiamavamo semplicemente tradizione? Le chitarre e gli stornelli di una volta non bastano più. Bisogna confrontarsi con la nostra città contemporanea, che è una realtà multiculturale come le più grandi metropoli del mondo. Oggi sono bande di percussioni africane o brasiliane, danze hip-hop, e generi come il reggae e lo ska a coinvolgere le masse, a tal punto che si potrebbe dire che il rap o il reggae italiano siano generi popolari più vivi e seguiti del saltarello o delle improvvisazioni in ottava rima.
Quello che manca è una condivisione che esca fuori dalla dimensione classica dello spettacolo e che riporti nelle piazze non i repertori tipici ma le forze popolari rinnovate, aggiornate con il momento presente.
Come provare ad avviare questo movimento? Per coinvolgere tante persone bisogna innanzitutto saper coinvolgere se stessi. Iniziamo perciò con le prove al Pasolini, che in estate spero diventino prove aperte. E con i pranzi sociali e le riunioni organizzative che metteranno i percussionisti, già educati da anni di corsi al rispetto del gruppo, in condizione di potersi autogestire e collaborare con le altre associazioni presenti nel centro. Questo è il primo passo, il più importante. Il resto potrebbe svolgersi così:
IL PROGETTO
Mi immagino di concentrare gruppi di percussioni, danze e strumenti a fiato in uno spazio accessibile alla comunità locale, aperto a contributi spontanei dei partecipanti. I gruppi, che porteranno in questo spazio un repertorio studiato a lezione, lo diffonderanno attraverso linee didattiche chiare e accessibili, basate sull’imitazione, l’attenzione e il rispetto dei direttori di sezione che faciliteranno il lavoro. Così, accanto a una banda di percussioni afro-brasiliane c’è un gruppo aperto di balli di gruppo e una banda di ottoni: si suona tutti assieme, ognuno secondo le sue competenze ma in interazione costante, creando così un nucleo ordinato e allo stesso tempo aperto a chiunque voglia inserirsi (non troppi per volta però, se no si distrugge l’armonia delle parti). Questa forma di unire le attività è propria di tutte le manifestazioni popolari. Sulla base di un nucleo forte di interazioni danza-ritmo-melodia sarà possibile generare un contesto capace di accogliere ogni nuovo visitatore in un’esperienza partecipata, senza alcun bisogno di specificare regole o stili da seguire. Verranno proposti canti originali e tradizionali, come spunti per proseguire in questa direzione.
E’ importante ribadire che qui non si tratta di simulare uno stile tradizionale, ma di attendere lo stupore di una creazione nuova. Le attenzioni dei formatori saranno finalizzate a una buona integrazione delle attività.
ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO
Formazione dei formatori: insegnanti di percussioni, balli di gruppo, danza, canto presenti sul territorio.
Preparazione del repertorio di base: ogni insegnante preparerà i propri allievi all’integrazione fuori dal corso specifico. Questo repertorio sarà strutturato con linee stilistiche aperte alle evoluzioni, sarà un canovaccio su cui ogni partecipante potrà elaborare nuove versioni originali.
Prove all’aperto. Questo momento si struttura in 3 parti:
a) i gruppi organizzati proveranno insieme all’aperto, dando risonanza e visibilità a questa attività che all’inizio potrà sembrare una semplice prova. L’insegnante di balli di gruppo cederà la sua direzione ai vari partecipanti, che proporranno nuovi passi che gli altri imiteranno. Nel frattempo i percussionisti e gli ottoni cercheranno di integrarsi suonando in movimento.
b) corteo popolare: i partecipanti sfilano per le strade limitrofe richiamando l’attenzione dei residenti.
c) Circolo. Il corteo, verosimilmente più numeroso, ritorna nel luogo delle prove, dove si forma un circolo. L’impatto sonoro sarà più delicato, lasciando spazio alle proposte vocali e coreografiche di chi vorrà entrare al centro del circolo.
SVILUPPI DEL PROGETTO
In seguito a questi incontri periodici nasceranno interessanti ripercussioni (im)previste: le prove aperte permetteranno alle diverse realtà locali di conoscersi e di interagire, arricchendosi di volta in volta di un contributo originale. Chi si appassionerà a uno strumento musicale o a una danza tipica potrà essere indirizzato nelle scuole dei formatori, chi vorrà contribuire preparando un rinfresco sarà il benvenuto (e possibilmente risarcito). In breve le attività si faranno sempre più strutturate, come avviene nelle scuole di samba di Rio, che più che delle semplici bande sono delle vere società di mutua assistenza capaci di provvedere autonomamente al sostentamento della festa. A quel punto una nuova realtà sarà nata e il progetto continuerà con le sue forze, proponendo repertori e stili ad oggi imprevedibili.